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Futhark: la storia del più antico alfabeto del mondo
Pergamene con caratteri runici

Scrittura

Futhark: la storia del più antico alfabeto del mondo

10.11.2023

L’alfabeto Futhark, conosciuto più comunemente come alfabeto runico, è uno dei più antichi del mondo e costituisce l’insieme di segni e caratteri utilizzati da numerose popolazioni germaniche per comunicare, tra cui i Norreni, gli Angli, gli Juti e i Goti. Ma perché si chiama proprio così? Il suo nome deriva dalla sequenza dei primi sei segni, dette rune, che compongono questo speciale alfabeto, un po’ come è nata la nostra parola abbecedario, dalle prime tre lettere A, B, C. Ogni runa è però molto più di una semplice lettera: porta con sé un concetto specifico e un significato simbolico, tanto che secondo gli studiosi l’origine di questa parola sarebbe da ricondurre alla radice indo-europea ru che significa appunto mistero o segreto.

Mano che regge ciottoli neri con iscrizioni runiche rosse

Le origini del Futhark

Dopo aver appreso la storia del nostro alfabeto e la sua evoluzione fino ai giorni nostri, ora è il momento di tornare indietro nel tempo alle origini dell’alfabeto Futhark.

Tuttavia, non è facile stabilire con certezza come sia nato questo particolare alfabeto. Si pensa che le rune derivino dai caratteri dell’alfabeto italico, a sua volta sviluppatosi da quello etrusco. Stando a questa teoria, le rune nascerebbero dalla colonizzazione greca dell’Italia meridionale, più nello specifico dalla città di Cuma, crocevia tra la cultura ellenica ed etrusca che, entrando in contatto, avrebbero dato origine all’alfabeto runico, introdotto poi in nord Europa dalle tribù germaniche. Le sole iscrizioni runiche autentiche in Italia sono oggi visibili presso il Santuario di San Michele Arcangelo, a Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia, e all’interno delle Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro a Roma, riconducibili con tutta probabilità ai primi pellegrinaggi dal nord Europa. Se si vuole invece risalire alle prime incisioni runiche su pietra bisogna spostarsi in Svezia e in Norvegia, dove sono stati rinvenuti reperti databili intorno al 300-400 d.C.

Guardando invece alla mitologia, la tradizione scandinava attribuisce a Odino l’invenzione delle rune, considerate fonte di potere e sapienza grazie alla magia. Ecco perché ancora oggi questi particolari caratteri vengono associati a realtà esoteriche e misteriose.

Le tre versioni dell’alfabeto Futhark

L’alfabeto runico ha subito nel corso dei secoli diverse mutazioni che hanno portato a tre principali versioni, distinte in base all’area di utilizzo e al periodo storico. È possibile infatti distinguere una scrittura runica dell’area continentale, settentrionale o insulare con un diverso numero di segni impiegati.

La prima serie runica viene fatta risalire al primo periodo dopo la nascita di Cristo fino ai secoli 600-700, un’epoca che i runologi definiscono pre-migratoria e caratterizzata dal futhark antico, un alfabeto di 24 caratteri. Questa serie era comune a tutte le popolazioni germaniche, almeno fino al cosiddetto periodo vichingo, compreso tra il 750 e il 1050, che vide invece una semplificazione dei segni, ridotti adesso a 16, e l’eliminazione dei caratteri corrispondenti alle vocali. L’ultima serie runica è quella medievale, utilizzata in Scandinavia fino al XV secolo e contraddistinta da caratteri molto più simili a quelli dell’alfabeto latino, anche a causa della progressiva diffusione del cristianesimo nei paesi nordeuropei che portò all’introduzione dei primi documenti scritti in latino.

L’arte delle iscrizioni runiche

La fervente produzione di iscrizioni runiche in epoca vichinga ha permesso a studiosi e appassionati di conoscere e studiare il significato dell’alfabeto futhark. Le prime incisioni erano realizzate su materiali particolarmente rigidi come il legno e la pietra, oltre ad oggetti d’uso comune come lance di ferro o monete. Le pietre runiche sono tuttavia i reperti più numerosi e meglio conservati: solo in Scandinavia se ne contano circa 6000, di cui la metà in Svezia, e narrano le cronache del tempo sulla vita e la morte della gente del posto, ma anche sui viaggi dei vichinghi verso terre lontane. Se, da un lato, queste iscrizioni non forniscono molti dati storici, permettono, dall’altro, di definire le caratteristiche dell’alfabeto runico, costituito da segni verticali, dritti e spigolosi. Queste linee rette e ben definite nascono dall’esigenza di facilitare la lettura delle prime incisioni, che venivano comunemente realizzate su supporti di legno. Eliminando i tratti orizzontali si evitava infatti la possibile confusione con le venature del legno, solitamente disposto orizzontalmente durante la scrittura. Questa necessità ha quindi contribuito alla nascita di segni geometrici, lontani dallo stile calligrafico armonico della grafia romana o onciale, ma distintivi di un alfabeto divenuto una delle principali istituzioni culturali e linguistiche delle antiche popolazioni germaniche.

Facendo un salto in avanti nel tempo fino al XII secolo, è possibile individuare alcune similitudini tra i caratteri runici e la scrittura gotica, le cui lettere si distinguono per le loro linee spezzate, geometriche e spigolose, proprio come lo stile architettonico dell’epoca. Grazie a Johannes Gutenberg e alla sua Bibbia stampata, questa la grafia gotica divenne la più popolare in epoca medievale e fu a lungo dominante nei paesi occidentali, fino ad essere persino riscoperta nel XX secolo in Germania nella sua variante Schwabacher, considerata l’unica scrittura germanica davvero autentica.

Il declino dell’alfabeto Futhark

Nel Basso Medioevo, i documenti scritti relativi alla storia della Scandinavia erano praticamente inesistenti, poiché la cultura veniva tramandata oralmente. L’avvento del cristianesimo rappresenta però una vera rivoluzione, non solo dal punto di vista religioso, ma culturale perché per la prima volta vengono introdotti i manoscritti con l’alfabeto latino. Le rune continuarono quindi ad essere utilizzate solo nelle incisioni e proprio in Scandinavia sopravvissero più a lungo nelle iscrizioni funerarie, per poi cadere in disuso a partire dal XV secolo.

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